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L'entusiasmo per "Il partigiano Johnny" e "Una questione privata" ha distolto l'attenzione dei lettori e della critica dagli altri testi di Fenoglio, in particolare quelli di argomento contadino. Questo volume viene a colmare il vuoto, mostrando l'unità e la coerenza dell'esperienza fenogliana. Ma mette in discussione anche un altro radicato pregiudizio critico, quello della visione disperata e violenta dell'esistenza: il culmine della malora, l'incombere della sconfitta senza riscatto, l'annichilimento totale si rovesciano imprevedibilmente, grazie all'accettazione paziente del male e alla rinuncia alla lotta per la vita, nell'occasione di una singolare salvezza. Le morti presunte degli eroi, con le tante discussioni che hanno suscitato, sono il segno più evidente di questa paradossale, ironica antifrasi, non immemore della pazzia paolina che salva. Autentico scrittore-filosofo, Fenoglio si confronta con Sartre e Heidegger, ma soprattutto con l'esistenzialista russo Lev Sestov, per esplorare il senso ultimo della vita. Così, attraverso un sottile dialogo intertestuale, con Pavese e Verga, ma anche con un autore imprevedibile come Folengo, si viene a precisare una consapevole visione della letteratura e della realtà, fondata sul distacco e sul giudizio, una prospettiva estrema sul mondo e sulle cose, che davvero fa di Fenoglio uno scrittore postumo, e non soltanto per le contingenze biografiche.